Ci sono due guerre che gli USA hanno intrapreso e che non riusciranno mai a vincere continuando a impiegare i metodi usati in precedenza: la War on Terror e la War on Drugs.
Hanno più di un punto in comune.
In entrambe le guerre una parte importante del “nemico” (non tutta: ci sono osservatori, per me disonesti, disattenti o con qualche tipo di agenda precisa, che insistono a raccontarci che sia tutta, non capisco come si possa pensarlo ma vabbè) è stata costruita ad arte e nel tempo, sistematicamente, da chi si è dichiarato in guerra con lo stesso, quando ancora era inesistente o quasi.
Pur non potendo parlare di “tutta”, credo sia lecito affermare che il “nemico” non esisterebbe senza questo apporto, o perlomeno sarebbe molto, molto più debole e meno rilevante nella scala dei possibili problemi mondiali (e lo è lo stesso, poco preoccupante in termini statistici, ma la vulgata è ormai di senso contrario e non possiamo far nulla per contrastarla: il debunking, purtroppo, è un gesto inutile, serve solo a noi che ci sentiamo più fighi nel farlo, non sposta una coscienza che una).
Entrambe le guerre sono state condotte con un uso di forza e intelligence sproporzionati rispetto a un “nemico” che, pur avendo discreti fondi (l’Arabia Saudita povera non è, lo stesso dicasi per molti cartelli narcos) non è certo nemmeno lontanamente paragonabile a un fronte comune composto da molte fra le nazioni più ricche, potenti e avanzate tecnologicamente, ma detto “nemico” è sempre riuscito a resistere e anzi, a prosperare anche in virtù delle dinamiche innescate da questi conflitti.
Entrambe le guerre hanno visto enormi profitti da parte di chi si dichiarava intenzionato a combattere by any means necessary il “nemico” (contras, commercio di armi, la diffusione del crack, petrolio, contractor, rehab ecc ecc), profitti spesso accumulati facendo affari con il “nemico” stesso.
O meglio, con i capoccia del “nemico”.
Entrambe le guerre hanno provocato gravi attacchi ai nostri diritti, attacchi che per alcuni sono legittimati dalla ricerca della fantomatica “sicurezza” (ci sono persone che non credono in Dio ma credono tantissimo in altre robe inesistenti, e non perdono però occasione di attaccare chi crede in entità irreali: la vita è sempre ironica), attacchi che quando rientra l’allarme rimangono in opera, in una sorta di rovesciamento del principio secondo il quale alcuni diritti basilari, una volta conquistati, non dovrebbero più essere in discussione.
Quel che ti prendono momentaneamente in prestito in un momento di emergenza poi, oh, si dimenticano sempre di restituirtelo, how peculiar…
Bastano, da sempre, due bombe o due proiettili per rimettere in discussione tutto e rafforzare lo status quo. Cossiga docet.
Entrambe le guerre hanno rivelato profondi limiti nella stampa mondiale, una metodica e desolante assenza generale (ovviamente ci sono eccezioni) di curiosità, di voglia di approfondimento, di esigenza di verità, di indipendenza dal pensiero comune, di timore di avere un pensiero contrario alla maggioranza, che lascia perplessi e poco fiduciosi.
Entrambe le guerre hanno un alto livello di ipocrisia, maggiore a quello già alto presente in altre guerre: vari politici e altro personale impegnato nella War on Drugs fanno uso di droghe, spesso “pesanti” e non “pensanti” (un maggior livello di sperimentazione con lsd, mescalina e mdma avrebbe forse provocato svolte diverse: cocaina e anfetamine spingono verso altri lidi); i terroristi che utilizzano droghe, porno e o vari prodotti di quell’Occidente che vogliono combattere; il targettare o meno il “nemico” su basi di guadagno, lasciando perdere varie altre nazioni e obbiettivi ancora più oscurantisti e retrogradi, in una sorta di cecità molto intelligente e selettiva; l’utilizzare ad arte solo determinati segmenti della religione di riferimento, spesso con una tremenda ignoranza dei testi che porta a interpretare tutto alla lettera, ignorando la volatilità di simboli e precetti, privi della capacità di adattarli ai tempi in quanto privi delle guide o strumenti necessari; la compravendita con il “nemico” che con l’altra mano si combatte…
Do as i say, not as i do.
Entrambe le guerre hanno provocato molti morti sia nelle “parti” in causa sia in chi non c’entra con queste parti, morti che si sarebbero potuti in larga parte evitare con interventi di altro tipo.
Entrambe le guerre sono state condotte con un atteggiamento schizofrenico, di fiducia verso la tecnologia e sfiducia nella scienza, o meglio, sfiducia nella scienza quando la scienza ci narra una realtà diversa da quella che stavamo pensando e che ci piace così tanto come narrazione al punto che non vogliamo abbandonarla.
In modo molto simile al complesso discorso sul clima, sono stati ignorati tutti i dati che spingevano a soluzioni diverse e mostravano l’inutilità delle soluzioni attuali.
A seconda se si è innocentisti o meno, questo nel migliore dei casi è comportamento profondamente irrazionale, nel peggiore sono decisioni consapevoli, attuate per qualche tipo di guadagno, guadagno che avviene a spese di vite umane.
Entrambe le guerre hanno comportato un enorme, assurdo spreco economico (spese per armamenti, spese per polizia, per i processi e le carceri, spese per la propaganda sui quotidiani, spese per l’intelligence, spese per la sanità…) per la comunità.
Entrambe sono state sempre condotte con una ristrettezza di metodi impiegati, rispetto al pool di metodi possibili, che desta preoccupazione: quando uno continua a sbattere la testa contro un muro e non ottiene risultati e allora si limita a sbatterla più forte e con più mezzi, in psicologia è visto come comportamento non sano che bisogna provare a guarire per far star meglio il paziente. In altri campi no.
Entrambe le guerre hanno rafforzato, complice indispensabile la stampa, un disastroso fronte di ignoranza sugli argomenti: oggi più che mai siam pieni di gente comune che ha precise opinioni sull’Islam senza aver mai letto una riga del Corano, senza aver mai frequentato qualche comunità, senza mai aver parlato con persone di quella fede, senza aver mai visitato quei luoghi (e viceversa).
Allo stesso modo siam pieni di persone che hanno opinioni sulle sostanze senza mai averle provate, senza mai aver frequentato determinate scene, senza mai aver letto della letteratura seria in merito.
Queste opinioni vengono formate esclusivamente sulla base di media posseduti, pensati, strutturati e orientati da maschi bianchi, solitamente benestanti, solitamente filogovernativi, solitamente dotati di una cultura molto ristretta che ignora tantissime altre realtà.
L’Oriente visto non con i propri occhi o attraverso narrazioni orientali bensì attraverso gli occhi di altri occidentali, spesso dotati di precise agende.
E così via, per ogni argomento.
Entrambe le guerre hanno arricchito in maniera incredibile una manciata di persone per le quali la guerra è sempre e solo un affare.
Entrambe le guerre hanno generato un difficilmente estirpabile bias negativo nei confronti di gruppi precisi della popolazione (i tossici, gli “inculacapre”, gli hippy che non si lavano, i “testa di turbante”, gli stoner, i “selvaggi”, i “crociati”…), pregiudizi che nessuno si è poi mai premurato di verificare, combattere o modificare.
Conoscere è fatica.
Cambiare, ancora di più.